mercoledì 15 luglio 2009

Su Gabriele Sandri

Una volta tanto concordo con un giornalista de Il Giornale, nella fattispecie con l'articolo di Michele Brambilla, circa la sentenza sull'omicidio di Gabriele Sandri.

Con la sentenza emessa ieri sera la Corte d’assise di Arezzo ha commesso una duplice ingiustizia.
La prima ingiustizia, evidente, è nei confronti di Gabriele Sandri, che è morto ammazzato, e dei suoi familiari che sono rimasti a piangerlo. L’agente Luigi Spaccarotella è stato condannato a soli sei anni per omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento.

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Ma sappiamo che, anche se una rissa ci fu, questa era terminata; l’auto di Sandri e dei suoi amici stava ripartendo; e il poliziotto sparò ad altezza di finestrino da una corsia all’altra, rischiando di colpire anche altri passanti. Per definire un simile comportamento non troviamo parole più efficaci di quelle pronunciate dall’avvocato di parte civile: «Un’azione da folle, ma lucida».
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La seconda ingiustizia[...]è nei confronti della Polizia.
Tutta questa vicenda, infatti, è stata fin da subito trasformata, dall’intero mondo del cosiddetto «tifo organizzato», in un processo non alla singola persona di Luigi Spaccarotella, ma all’istituzione-Polizia. Allo stesso modo si è fatto passare che anche la vittima non fosse una singola persona (Gabriele Sandri) ma le «curve» del tifo calcistico di tutta Italia.

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I giudici della Corte d’assise avevano la possibilità di estirpare alla radice tanta strumentalizzazione, ribadendo l’elementare principio secondo il quale la responsabilità penale è personale, e punendo Spaccarotella come sarebbe stato punito qualsiasi comune cittadino che si fosse messo a sparare da una parte all’altra di una strada. Con questa sentenza che sa tanto di scappatoia hanno dato invece l’impressione che l’imputato fosse appunto non un singolo, ma l’intera Polizia; e la Polizia merita un occhio di riguardo.

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